Utilizzo della musicoterapia per l’innalzamento della soglia del dolore durante le pratiche invasive in pediatria oncologica

Per innalzare la soglia del dolore e per ottenere la distrazione dalle terapie in atto, più o meno invasive, è possibile realizzare una varietà di interventi che possono far leva sia sulle proprietà del suono che sulle dinamiche proprie della relazione paziente-musicoterapista e delle situazioni ambientali che nascono dall’interazioni di questi  due elementi.
La conoscenza di tali meccanismi è ormai patrimonio comune ai più.
Più innovativo ci sembra:

  • arrivare ad una dimostrazione scientifica circa l’utilità della musica in situazioni di sofferenza tale che ne venga istituzionalizzato l’intervento in modo stabile
  • arrivare a creare nei reparti – e soprattutto quelli pediatrici – quel clima di accettazione circa l’uso di questi metodi da parte di tutto il personale
  • individuare poi, nella fattispecie presa in esame – pediatria oncologica – la modalità opportuna per il raggiungimento dell’obiettivo, cioè, per esempio, quali timbri, tecniche di rilassamento, stili musicali, modalità di intervento, ecc.  possano essere più appropriate in base all’età e alla condizione del bambino oncologico.

Abbiamo già effettuato una ricerca in merito a questo tema, nel periodo che va da gennaio a giugno 2011. La ricerca si inseriva in un più ampio progetto portato avanti dall’intera Azienda Ospedaliera (Santa Maria della Misericordia di Perugia) per l’ “umanizzazione dell’ospedale” al quale il nostro reparto ha voluto collaborare proponendo l’utilizzo della musicoterapia per l’innalzamento della soglia del dolore durante le pratiche invasive in pediatria oncologica; in particolare ci si chiedeva di verificare se  l’intervento di sostegno della musicoterapia riusciva a diminuire  l’apporto di MIDAZOLAM nel giovane paziente al momento della pratica invasiva e  in caso affermativo di quante gocce  (aspetto fisiologico).

Si è indagato su quale sarebbe dovuto essere:

  • il protocollo da seguire
  • l’ambientazione necessaria
  • la pratica utilizzata (respirazione abbinata a musica)
  • la presenza (o meno) del  musicoterapista che aveva già preso in carico il ragazzo e altre condizioni utili o necessarie per favorire l’aspetto relazionale
  • il metodo per valutare i risultati.

Ci si basava sui risultati già raggiunti da ricerche precedenti che attestano quanto segue:
“Se inserita in un piano di assistenza infermieristica, la musicoterapia può essere un valido intervento autonomo, di  provata efficacia, con costi esigui, privo di effetti collaterali, da affiancare alle terapie standard per aiutare a ridurre lo stato d’ansia e la percezione del dolore del paziente assistito. (…) Ascoltare musica rilassante riduce i livelli dell’intensità del dolore ed il conseguente fabbisogno di oppiacei, ciò nonostante, l’ampiezza di questi benefici è piccola, e quindi la sua importanza clinica non è ancora del tutto chiara” (http://www.aist-pain.it).

Tutte le pubblicazioni indicano, dunque, come positivo l’apporto della musicoterapia ma non risolutivo.
Tenendo conto di questo, ci si è proposti di indagare ulteriormente e si è arrivati ai seguenti risultati.

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